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AdSense, tasse e Partita IVA: guida completa per essere in regola col fisco

Pubblicato il 06/12/2025

Attività online e pubblicità: un contesto sempre più diffuso 🙂

AdSense è la piattaforma pubblicitaria di Google utilizzata dalla maggior parte dei webmaster, creatori digitali e sviluppatori di app. Consente di mostrare annunci automatici all’interno dei propri contenuti e di generare entrate proporzionate al traffico, alla qualità delle visite e al posizionamento degli spazi pubblicitari. Il funzionamento è semplice: Google gestisce l’intera infrastruttura pubblicitaria, dall’asta in tempo reale agli inserzionisti, mentre l’autore si concentra sul proprio progetto. I compensi vengono accumulati ogni mese e pagati quando si supera la soglia minima prevista pari a 70 €, rendendo AdSense uno dei sistemi più affidabili e convenienti per monetizzare un sito, un’app o una piattaforma digitale in fase di crescita.

Le entrate generate con AdSense sono considerate redditi professionali quando l’attività non è occasionale ma continuativa. Se un sito web o una piattaforma digitale forniscono contenuti, servizi, informazioni o strumenti e monetizzano tramite pubblicità, l’Agenzia delle Entrate ritiene che questa non sia più un’attività "casuale", ma un’attività economica vera e propria. In questa situazione è necessario aprire una Partita IVA, scegliere un codice ATECO adeguato e rispettare gli obblighi fiscali previsti, soprattutto se i pagamenti da Google iniziano a essere regolari. La frequenza dei pagamenti è un indicatore chiave: se Google ti paga ogni mese o comunque con costanza, per il fisco sei un operatore economico a tutti gli effetti.

Il regime fiscale più conveniente nella maggior parte dei casi è quello forfettario, che consente tassazione agevolata, gestione semplificata e un carico amministrativo minimo. L’obiettivo di questa guida è fornire un quadro chiaro e aggiornato sia per chi gestisce un semplice sito informativo con banner pubblicitari, sia per chi sviluppa un’app freemium con acquisti interni o vende funzionalità digitali.

Quando AdSense obbliga ad aprire Partita IVA

L’apertura della Partita IVA diventa obbligatoria quando l’attività genera ricavi con una certa costanza o è organizzata in modo stabile. Non conta il guadagno in sé, ma la natura dell’attività. Un sito che pubblica contenuti aggiornati, ottimizza il SEO, fornisce strumenti online o mantiene una community è già considerato un’attività di impresa o professionale. Se i pagamenti AdSense arrivano con continuità e non si tratta di un episodio isolato, non è più possibile qualificarli come “redditi occasionali”.

Il concetto di occasionalità si applica solo a prestazioni eseguite una tantum, senza ripetitività né organizzazione, e senza strumenti permanenti messi a disposizione del pubblico. Un portale che genera traffico e mostra annunci pubblicitari non può rientrare in questa categoria. La presenza di pianificazione editoriale, aggiornamenti ricorrenti, attività di analisi o sviluppo software rende l’apertura della Partita IVA un obbligo per restare in regola con il fisco.

Hai già un lavoro dipendente? Nessun problema se guadagni fino a 35.000 € (lordi)

Il regime forfettario è compatibile con il lavoro dipendente, ma solo entro limiti precisi. La normativa attuale prevede che chi percepisce più di 35.000 € lordi annui da lavoro dipendente o assimilato non possa accedere al forfettario l’anno successivo, salvo che il rapporto di lavoro dipendente sia cessato. Questa soglia è cruciale perché rappresenta una delle cause ostative più frequenti per chi vuole avviare un progetto online o monetizzare con AdSense senza lasciare il proprio impiego principale.

La logica è semplice: se il reddito dipendente è elevato, l’attività con Partita IVA non può essere considerata “prevalente” o “nuova”, e il fisco evita che il regime agevolato venga utilizzato in modo improprio. Se invece il reddito dipendente è pari o inferiore a 35.000 € e non costituisce l'attività prevalente, è possibile mantenere il forfettario senza problemi, i due redditi non si cumulano in ogni caso. Nel caso in cui il lavoro dipendente termini nel corso dell’anno, il limite non si applica e si può accedere o restare nel forfettario anche se i redditi precedenti superavano la soglia. Questo rende fondamentale pianificare correttamente sia il timing dell’avvio della propria attività online sia le strategie di crescita dei ricavi, soprattutto per chi gestisce siti, app o piattaforme digitali in parallelo al proprio impiego.

Quale codice ATECO scegliere per AdSense e attività digitali

Il codice ATECO determina sia l’inquadramento amministrativo sia il coefficiente di redditività nel forfettario. La scelta corretta dipende dal modello di business.

Un sito che monetizza tramite AdSense rientra quasi sempre nel codice 73.11.02 – Conduzione di campagne marketing e altri servizi pubblicitari. È il codice più usato per chi ospita inserzioni, gestisce traffico organico e offre spazi pubblicitari digitali. In questo caso, il coefficiente di redditività nel regime forfettario è 78%, cioè il 78% dei ricavi viene considerato reddito imponibile.

Un’applicazione freemium che prevede acquisti per sbloccare funzioni, rimuovere pubblicità o attivare servizi premium produce ricavi che non sono solo pubblicitari. In questo scenario è possibile utilizzare codici come 58.29.00 – Edizione di altri software o 62.01.00 – Produzione software, entrambi idonei quando l’attività consiste nello sviluppo e commercializzazione di funzionalità digitali. In questi casi il coefficiente di redditività può essere inferiore, ad esempio 67%, oppure più basso se l’attività è classificata come impresa pura (ad esempio 40%). Quando un’attività genera ricavi misti tra pubblicità (coefficiente 78%) e vendite digitali (coefficiente 67% o 40%), il reddito imponibile deve essere calcolato applicando a ciascuna quota il coefficiente corretto, ottenendo così una base imponibile proporzionale e più accurata.

Se invece l’attività principale è quella di sviluppatore o di fornitore di servizi software, il codice 62.01.00 può essere la scelta più adatta. È indicato per chi crea strumenti digitali, servizi cloud, funzioni personalizzate o software distribuiti al pubblico. Qui il coefficiente varia in base alla natura dell’attività, che spesso è assimilata ai servizi professionali.

Come funziona la tassazione nel regime forfettario 2025

Il regime forfettario applica il principio di cassa: si paga l’imposta solo sui ricavi effettivamente incassati nell’anno. Per le entrate AdSense, ciò significa che non conta il mese in cui Google ha maturato l’importo, ma il giorno in cui il pagamento arriva sul conto. Un importo maturato a dicembre ma pagato a gennaio rientrerà nell’anno fiscale successivo. Questo semplifica notevolmente la gestione e permette una pianificazione delle soglie più precisa.

Nel forfettario non si sommano costi, fatture ricevute o spese aziendali perché non incidono sull’imponibile. L’ammontare tassabile viene calcolato applicando al totale dei ricavi il coefficiente di redditività previsto dal codice ATECO. La tassazione è molto semplice: si applica l’imposta sostitutiva (5% o 15%) sul reddito calcolato, e a questa si aggiungono i contributi previdenziali.

Reverse charge e fatturazione Google Ireland

Google opera in Europa tramite Google Ireland Ltd., con sede a Dublino, e per questo le prestazioni pubblicitarie fornite tramite AdSense sono classificate come operazioni intracomunitarie. Rientrano quindi nel regime IVA previsto per le prestazioni di servizi generiche tra soggetti appartenenti a Paesi membri dell’Unione Europea. Normalmente, per un’impresa tradizionale ciò comporterebbe l’applicazione del reverse charge. Nel regime forfettario, invece, la normativa vigente esenta i contribuenti da ogni adempimento IVA, inclusi reverse charge (in italiano inversione contabile), integrazione delle fatture e registri IVA.

Le fatture emesse da Google Ireland mostrano sempre l’IVA pari a zero. Non essendoci obblighi di registrazione IVA per i forfettari, tali documenti vanno conservati ma non comportano operazioni aggiuntive. I ricavi devono essere semplicemente inclusi nel totale delle entrate ai fini del calcolo dell’imponibile. Questo rende l’interazione con Google estremamente semplice: il forfettario non presenta esterometro, non integra fatture e non versa IVA.

Soglie forfettarie nel 2025: 85.000 € e uscita immediata oltre 100.000 €

Il forfettario consente di operare fino a 85.000 € di ricavi annuali. Se durante l’anno si supera leggermente questa soglia ma si resta sotto 100.000 €, si mantiene comunque il regime fino al 31 dicembre e si passerà al regime ordinario solo l’anno successivo. La situazione cambia se si supera 100.000 €: anche un euro oltre questo limite comporta l’uscita immediata dal forfettario.

L’uscita immediata implica che, dal mese successivo al superamento dei 100.000 €, occorre applicare IVA sulle fatture, tenere registri IVA e passare alla contabilità semplificata. I contributi restano gli stessi, ma l’imponibile fiscale si calcola con regole diverse. È importante monitorare gli incassi AdSense, in particolare a fine anno, perchè Google potrebbe accreditare importi cumulativi che portano a superare le soglie inattese.

Il regime startup al 5%: requisiti e limiti

Il regime agevolato al 5% è applicabile ai nuovi contribuenti che rispettano determinate condizioni. È necessario che l’attività non sia la mera prosecuzione di un lavoro precedente svolto in forma dipendente o con partita IVA. È inoltre richiesto che non si siano possedute partecipazioni di controllo in società che svolgevano attività simili e che non si sia già esercitata un’attività economica nei tre anni precedenti.

Il beneficio del 5% dura cinque anni. In questo periodo, la tassazione viene applicata sul reddito forfettario con imposta sostitutiva agevolata, senza necessità di dimostrare investimenti o altri requisiti specifici. Se durante il quinquennio uno dei requisiti viene meno, si passa automaticamente al 15% dal periodo di imposta successivo. Il regime agevolato è particolarmente vantaggioso per chi inizia a monetizzare con AdSense o lancia un’applicazione digitale, poiché consente di accumulare liquidità con un carico fiscale molto contenuto.

Contributi INPS nel 2025

I contribuenti che operano con Partita IVA senza cassa professionale sono iscritti alla Gestione Separata INPS, che nel 2025 applica un’aliquota pari al 26,07%. L’aliquota si applica sul reddito forfettario imponibile, dopo l’applicazione del coefficiente di redditività e prima dell’imposta sostitutiva. A differenza dei commercianti o artigiani, i professionisti senza cassa non sono soggetti a contributi minimi obbligatori.

Questo significa che se il reddito è basso, i contributi sono bassi; se il reddito cresce, cresce proporzionalmente anche il contributo previdenziale. Nei casi in cui un’attività digitale generi ricavi misti, la base imponibile unica su cui calcolare i contributi sarà il totale del reddito determinato dalle diverse attività. Il sistema è quindi proporzionato e favorisce i modelli di business digitali scalabili.

Casi pratici: sito informativo, app freemium e piattaforma digitale

Un sito informativo che monetizza con AdSense rientra normalmente nel codice 73.11.02. I suoi ricavi vengono assoggettati al coefficiente 78%, che determina il reddito imponibile per imposta sostitutiva e contributi. La gestione è lineare: incassi, applichi il coefficiente, versi contributi e imposta.

Un’app freemium che vende lo sblocco pubblicitario produce due categorie di ricavi: pubblicità e vendite digitali. La parte pubblicitaria ha coefficiente 78%, mentre la parte derivante dalla vendita di funzionalità digitali può avere coefficiente 67% o anche inferiore, se classificata come attività d’impresa. La somma dei due redditi imponibili produce un’unica base imponibile su cui calcolare contributi e imposta.

Una piattaforma digitale in abbonamento segue la logica dei servizi software. Qui il coefficiente dipende dall’attività prevalente. Gli abbonamenti ricorrenti sono classificati come vendite di servizi digitali e tassati con il coefficiente relativo al codice ATECO selezionato, offrendo vantaggi nei casi di attività automatizzate e scalabili.

Calcolo delle imposte su 85.000 € di ricavi (anno 2025)

Scenario Reddito imponibile (coefficiente forfettario) Imposta sostitutiva
Startup 5% (coeff. 78%) 66.300 € 3.315 €
Aliquota 15% (coeff. 78%) 66.300 € 9.945 €
App freemium con ricavi misti (es. 50% ads coeff. 78% + 50% vendite coeff. 67%) 72.250 € 10.837,50 €

Cosa non serve nel forfettario

Il regime forfettario elimina la necessità di registri IVA, liquidazioni, reverse charge, detrazione dell’IVA sugli acquisti e tenuta dell’esterometro. Non richiede nemmeno la rendicontazione analitica delle spese. La contabilità si riduce alla conservazione dei documenti, al monitoraggio dei ricavi e alla dichiarazione dei redditi annuale. Questo alleggerimento amministrativo rende il forfettario particolarmente adatto ai creatori digitali.

Superare 100.000 € di ricavi: cosa succede in concreto

Il superamento della soglia di 100.000 € implica l’uscita dal forfettario con effetto immediato. Dal mese successivo, tutte le fatture devono includere l’IVA, vanno applicati gli obblighi IVA completi e la contabilità passa al regime semplificato. I contributi previdenziali restano in Gestione Separata, ma il reddito imponibile seguirà le regole del nuovo regime fiscale.

È essenziale monitorare i pagamenti di fine anno: un accredito tardivo da parte di Google o una vendita digitale rilevante possono spingere oltre la soglia senza che il contribuente se ne accorga subito. Pianificare incassi e attività è quindi cruciale per evitare transizioni forzate a regime ordinario.

Fonte: https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/schede/agevolazioni/regime-agevolato-forfettario/scheda-nuovo-regime-forfettario-agevolato