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Il tuo prossimo cliente sarà un robot: l'IA agentica riscrive le regole del mercato

Pubblicato il 07/12/2025

Il cliente non è più umano

Il commercio sta entrando in una fase che fino a poco tempo fa sembrava fantascienza: il prossimo cliente che analizzerà, confronterà e selezionerà un prodotto non sarà più un essere umano, ma un sistema autonomo capace di prendere decisioni digitali. È l’era dell’IA agentica (agentic AI), evoluzione dell’intelligenza artificiale (artificial intelligence) progettata non solo per comprendere o generare contenuti, ma per agire, pianificare e completare azioni reali sul web.

Questi agenti non si limitano a rispondere: definiscono obiettivi, navigano tra marketplace, leggono schede tecniche, valutano recensioni, estraggono dati strutturati e confrontano migliaia di alternative in parallelo. L’effetto è destabilizzante: il mercato smette di parlare alle persone e inizia a parlare alle macchine, perché saranno loro a filtrare ciò che merita attenzione.

Per un merchant o un publisher questo significa un ribaltamento radicale. Non si costruiscono più offerte per convincere un individuo stanco, distratto o emotivo, ma un agente digitale inflessibile, capace di leggere ogni dettaglio e scartarne mille al minuto se non rispondono ai parametri richiesti. La grafica accattivante, il copy persuasivo, la magia dell’impulso: tutto questo diventa secondario. A determinare la scelta sarà ciò che un algoritmo riterrà coerente, trasparente, competitivo.

Il tempo umano, con i suoi limiti, viene sostituito dal parallelismo computazionale: un agente può fare in pochi secondi ciò che a una persona richiederebbe ore. E quando la velocità non è più un fattore biologico, l’intero ecosistema economico cambia forma.

Le radici dell'IA agentica e il motivo per cui esplode solo adesso

L'idea di delegare a un software compiti autonomi nasce negli anni ’80 e ’90 all’interno di alcune università statunitensi che lavoravano su ciò che all’epoca veniva chiamato software agency. I primi grandi centri di ricerca che trattarono l’argomento furono il MIT, la Carnegie Mellon University e la Stanford University, dove studiosi di robotica, intelligenza artificiale e sistemi distribuiti iniziarono a definire il concetto di “agente” come un software capace di percepire l’ambiente, prendere decisioni e agire per raggiungere obiettivi specifici.

All’epoca, però, mancava la componente fondamentale: un modello capace di interpretare il linguaggio naturale con la flessibilità necessaria per comprendere obiettivi complessi e trasformarli in piani d’azione. Gli agenti esistevano, ma erano rigidi, limitati a regole predeterminate e incapaci di adattarsi.

Il salto avviene molto più tardi, tra il 2020 e il 2023, quando i modelli linguistici diventano abbastanza potenti da fungere da cervello universale degli agenti. La svolta decisiva è resa possibile dall’unione di tre fattori:

  1. LLM avanzati capaci di ragionamento multi-step.

  2. Tool use nativo, ovvero la capacità di utilizzare strumenti esterni invece di produrre solo testo.

  3. Navigazione autonoma e interazione con browser, API e sistemi operativi.

È proprio in questi anni che il concetto accademico di “agente” si fonde con la potenza dei modelli linguistici e assume la forma moderna: l’IA agentica (agentic AI), un’intelligenza artificiale che non risponde soltanto, ma pianifica, controlla, corregge, ottimizza e agisce.

La prima grande applicazione commerciale arriva negli Stati Uniti, dove l’infrastruttura cloud, la disponibilità di modelli su larga scala e l’ecosistema di startup creano un terreno fertile. Da lì l’idea esplode a livello globale, portando in pochi anni a un nuovo tipo di attore economico: l’agente digitale operativo, capace di prendere decisioni complesse al posto dell’utente.

Crescita globale fatturato dell'IA (2020–2025)

Anno Utenti attivi IA (stime globali) Valore mercato IA (miliardi di $)
2020 300 milioni 72
2021 500 milioni 93
2022 800 milioni 150
2023 1,05 miliardi 189
2024 1,35 miliardi 247
2025 1,52 miliardi 305

Come ragiona un agente IA: dal bisogno dell’utente all’azione concreta

Un agente basato su IA agentica (agentic AI) non si limita a generare una risposta, ma gestisce un ciclo operativo completo: interpreta l’obiettivo, formula una strategia, raccoglie dati dal web, li confronta, li valuta e infine esegue un’azione. È un comportamento strutturato, non una chat. L’agente scompone il compito in passaggi, li ordina nel modo più efficiente e li porta a termine in autonomia.

Il processo inizia con l’analisi dell’intento: l’utente esprime un’esigenza più o meno vaga, spesso con criteri sparsi o non ordinati, e l’agente li trasforma in una serie di parametri misurabili. A quel punto costruisce un piano d’azione, sceglie gli strumenti necessari e avvia la raccolta dati: naviga marketplace, compara recensioni, estrae schede prodotto, identifica elementi nascosti come durata effettiva della garanzia, politiche di reso, affidabilità del venditore. Tutte le informazioni vengono normalizzate, pesate e aggregate in un’unica matrice decisionale che rispecchia le priorità dell’utente, senza bias emotivi o distrazioni.

Dopo aver calcolato il ranking dei risultati, l’agente genera una raccomandazione che non è solo cosa comprare, ma anche perché quella scelta è ottimale rispetto ai vincoli iniziali. Se autorizzato, può concludere l’azione: aggiunge al carrello, verifica le opzioni di spedizione, applica eventuali coupon e completa l’acquisto. È la trasformazione della ricerca in operatività. E in questo passaggio c’è la discontinuità storica: un sistema che non descrive soltanto la realtà, ma la modifica in base agli obiettivi affidati dall’utente.

Dentro la testa del bot: codice, “temperatura” e decisioni sul mondo reale

Per capire quanto sia concreto questo cambio di paradigma, immaginiamo un agente che riceve una richiesta del tipo:

“trovami il miglior cellulare tra 300 e 500 € con la miglior garanzia al prezzo più basso, deve essere facile da usare, durare nel tempo, con ricarica decente e buone fotocamere”.

Dal punto di vista tecnico, un flusso semplificato potrebbe assomigliare a questo (in pseudocodice stile JavaScript/TypeScript):


const task = `
Trova il miglior smartphone tra 300 e 500 €:
- priorità: affidabilità nel tempo + garanzia estesa
- prezzo: più basso possibile nella fascia
- facilità d'uso: interfaccia semplice
- ricarica: veloce ma non estrema
- fotocamere: buone in condizioni reali
Restituisci i 3 migliori candidati con motivazione tecnica.
`;

const agentResponse = await client.responses.create({
  model: "gpt-4.2-mini",
  input: task,
  temperature: 0.2, // bassa casualità = scelta più rigorosa
  tools: [
    { type: "web_search" },
    { type: "browser" },
    { type: "scrape_product" },
    { type: "compare_offers" }
  ]
});

Qui entra in gioco la temperatura (temperature): è un parametro che controlla il livello di casualità nelle risposte del modello. A temperatura bassa (0–0,3) l’agente tende a essere più “rigido”, conservativo, allineato ai dati disponibili e meno incline a inventare o proporre varianti creative; perfetto per compiti come confrontare offerte, valutare garanzie, costruire ranking di prodotti. A temperatura alta (0,7–1) il modello esplora più soluzioni, varia il linguaggio, si concede più libertà: utile per brainstorming o creatività, molto meno per decidere come spendere soldi in modo affidabile.

Nel caso del cellulare, l’agente non si limita a “chiacchierare”: usa gli strumenti dichiarati nei tools. Una possibile sequenza interna, orchestrata automaticamente dal modello, potrebbe essere:


// 1. Ricerca dei possibili modelli nella fascia di prezzo
const searchResults = await tools.web_search({
  query: "smartphone 300-500 euro migliori garanzia",
  limit: 50
});

// 2. Estrazione schede tecniche e prezzi reali
const enriched = await Promise.all(
  searchResults.map(r => tools.scrape_product({ url: r.url }))
);

Alla fine l’agente restituisce una risposta “umana”, ma costruita su una base estremamente tecnica:


1) Modello X
- Prezzo medio: 329 €
- Garanzia: 3 anni
- Punti di forza: affidabilità elevata, interfaccia semplice, fotocamera solida.
- Perché è al primo posto: massimizza garanzia + affidabilità + prezzo.

2) Modello Y
...

Vuoi procedere con l'acquisto dal venditore con il miglior prezzo?

Tutto questo avviene con una temperatura bassa, perché in un contesto di scelta economica non vogliamo creatività, ma robustezza: l’agente deve essere prevedibile, replicabile e verificabile. La creatività la lasciamo alla scrittura di uno slogan; quando si tratta di scegliere come spendere 500 euro, il robot deve ragionare freddo.

Dal consumatore all’algoritmo: il mercato ottimizzato per le macchine

La trasformazione più profonda non riguarda la tecnologia, ma il modo in cui il mercato inizia a organizzarsi attorno a un nuovo attore: l’acquirente non è più umano, è un algoritmo. Quando un agente IA entra nel processo di acquisto, tutte le dinamiche che fino a oggi hanno guidato il consumo (estetica della pagina, slogan emozionali, layout studiati per catturare l'attenzione) perdono peso. All'agente non interessa un banner scintillante: vuole dati strutturati, garanzie chiare, specifiche coerenti, recensioni affidabili e un prezzo verificabile. Le leve su cui si è costruito decenni di marketing vengono messe da parte da un attore che non ha emozioni, non si distrae, non si lascia persuadere e non clicca per impulso.

Questo porta a una nuova disciplina emergente: una sorta di ottimizzazione per algoritmi, dove produttori e merchant devono rendere le informazioni leggibili e comparabili dalle macchine. Schede prodotto incomplete, descrizioni vaghe, garanzie poco trasparenti diventano handicap immediati, perché un agente le penalizza senza esitazioni. Allo stesso tempo, un prodotto che dimostra affidabilità documentata, specifiche coerenti e un prezzo competitivo può scalare le classifiche indipendentemente dalla notorietà del marchio. È un livellamento della competizione che premia la sostanza più della forma e apre uno scenario in cui i robot non solo leggono il mercato, ma lo modellano, imponendo standard di precisione e trasparenza che raramente il consumatore umano ha preteso.

I protagonisti della corsa agentica: dagli USA alla Cina, passando per i browser

La nuova ondata di IA agentica non nasce nel vuoto: dietro c’è una lista precisa di attori che stanno spingendo il mercato verso un modello in cui gli agenti diventano clienti autonomi. Al centro della scena c’è OpenAI, che nel 2025 porta fuori dal laboratorio due tasselli chiave: il "ChatGPT agent", capace di usare un "proprio computer virtuale" per completare compiti end-to-end (navigare, compilare moduli, scaricare file, organizzare informazioni) e Operator, un agente pensato per automatizzare operazioni ripetitive nel browser come ordinare la spesa, compilare form, gestire prenotazioni.

Su un altro fronte più tecnico, GPT-5-Codex (e il successivo minor update 5.1) viene ottimizzato per il lavoro di sviluppo software agentico: non solo scrive codice, ma orchestra l’evoluzione di interi progetti, eseguendo refactoring, debug e aggiunta di funzionalità quasi come un team di programmatori integrato nell’infrastruttura aziendale.

In parallelo, Microsoft sta trasformando il browser in una piattaforma operativa: Copilot Mode in Edge smette di essere un semplice box di chat e diventa un “copilota” che anticipa l’utente, riassume gruppi di tab, agisce sui contenuti aperti; le Copilot Actions danno al sistema la capacità di interagire direttamente con le schede, formattare documenti, avviare operazioni in base al contesto; con Copilot Studio le aziende possono costruire agenti verticali che automatizzano processi interni e flussi di lavoro, spingendo l’IA oltre la risposta testuale e dentro l’operatività dei dipartimenti.

Sul fronte Google, la famiglia Gemini è esplicitamente presentata come modello per “l’era agentica”: con Gemini 2.0 e il recentissimo Gemini 3.0 Pro si lavora su memoria, latenza quasi in tempo reale e interazione multimodale continua (voce, video, testo), mentre progetti come Astra puntano a un agente che osserva, ascolta e agisce nel mondo digitale con una continuità quasi umana.

Nel 2025 arrivano anche strumenti commerciali concreti: Workspace Studio permette alle aziende di costruire agenti su misura che leggono email, estraggono dati da allegati, riconoscono quali messaggi contengono richieste operative e attivano flussi su Gmail, Drive e Chat; Gemini Enterprise introduce agenti dedicati ai dati aziendali, come il Data Science Agent che automatizza ingestione, preparazione e analisi dei dataset. In pratica, Google non sta solo vendendo un modello, ma un’intera fabbrica di agenti integrati nell'ufficio digitale.

Il capitolo browser merita un paragrafo a sè che approfondiremo più avanti in questa lunga disamina, perchè è qui che si vede come il web stia cambiando pelle. Opera è la più aggressiva: con Aria introduce un’IA di browser sempre attiva, capace di accedere al web in tempo reale, generare contenuti, gestire tab e comandi con un approccio già dichiaratamente "agentico" nel 2025 annuncia e poi rilascia Opera Neon, definito apertamente “browser agentico”, progettato perché l’IA non sia più una chat nel sidebar ma un soggetto che capisce l’intento dell’utente, esegue task complessi, scrive codice, porta avanti progetti in parallelo e integra il Deep Research Agent per ricerche lunghe e strutturate.

A questo si aggiunge Browser Operator, un agente che agisce direttamente dentro Opera per “fare le cose al posto tuo” nel contesto delle pagine aperte.

Mentre in Occidente il paradigma si consolida tra OpenAI, Microsoft, Google e Opera, la Cina si muove in modo ancora più integrato con l'e-commerce: Alibaba rilancia il suo chatbot basato su Qwen con una forte spinta consumer e l’obiettivo di trasformarlo in un assistente capace di guidare gli acquisti dentro il suo ecosistema; sulle principali piattaforme di raccomandazione nascono agenti shopping dedicati, come "Xiaozhi", che aiutano l’utente a filtrare prodotti, offerte e contenuti tramite dialogo; ByteDance porta il suo modello Doubao dentro gli smartphone attraverso un assistente vocale in grado di cercare informazioni, prenotare servizi e interagire con app e siti, avvicinando l’idea di un agente sempre presente nel dispositivo. Il risultato è che, soprattutto nel mercato cinese, l’agente non è più una curiosità sperimentale ma un intermediario stabile tra utente e piattaforma: è lui che decide cosa vedere, cosa leggere e, sempre più spesso, cosa comprare.

Attore Prodotto Prezzo indicativo (2025)
OpenAI ChatGPT Free / Plus / Pro con funzioni agentiche Free: 0 €
Plus: 20 $/mese
Pro:  200 $/mese
Microsoft Microsoft Copilot in Edge, Microsoft 365 Copilot per singoli: da 19,99 $/mese
Copilot Business/Enterprise: da 30 $/utente
Google Gemini (gratuito) e Gemini Advanced / Google AI Pro con Workspace. Versione base: 0 €
Piano AI Pro / Advanced: fascia 19,99 $/mese
Opera Aria (browser AI) e nuova generazione di browser Neon. Browser + Aria: gratuito
Alibaba / Qwen Qwen Assistant (chatbot/agent gratuito) e modelli Qwen3 via API per agenti custom. Assistente web: 0 €
API Qwen3: da 0,46 $ per milione token input e 1,84 $ per milione token output

Europa grande esclusa: burocrazia, dipendenza tecnologica e nessuna sovranità sul dato

Mentre Stati Uniti e Cina avanzano con una velocità quasi brutale, l'Europa rimane spettatrice di una rivoluzione che non sta guidando. Il continente possiede ricercatori di eccellenza e centri accademici di livello mondiale, ma manca ciò che, nell’era dell'IA agentica, fa davvero la differenza: un campione industriale capace di competere su larga scala. Non esiste un equivalente europeo di OpenAI, di Google, di Microsoft o di Alibaba. E quando non esiste un attore nazionale o continentale in grado di produrre tecnologia, quella tecnologia viene inevitabilmente importata.

Le aziende europee, comprese quelle più solide, stanno costruendo la propria trasformazione digitale su agenti e modelli sviluppati altrove, spesso ospitati in infrastrutture che non risiedono né fisicamente né giuridicamente sotto giurisdizione europea. Significa che l’Europa non solo non guida l’innovazione, ma non controlla il ciclo vitale dei dati che usa per alimentarla. In un momento storico in cui i dati sono carburante e arma insieme, questa assenza di sovranità ha un peso enorme.

A complicare la situazione c’è la burocrazia: regolamenti ambiziosi ma lenti, linee guida che cambiano di continuo, procedure che richiedono mesi, quando in altri Paesi le decisioni vengono prese in settimane. Non si tratta di ignorare l’importanza della regolamentazione, ma di riconoscere che in un mercato dove ogni sei mesi emerge un salto tecnologico, chi procede a passo amministrativo rischia di restare irrimediabilmente indietro.

Il confronto con alcune aree extra-occidentali è impietoso. L’Arabia Saudita, ad esempio, sta investendo direttamente in data center, modelli proprietari, infrastrutture di cloud sovrano e programmi nazionali di sviluppo IA: non per seguire la corsa, ma per assicurarsi autonomia strategica. Il messaggio è chiaro: chi controlla i dati e le piattaforme controlla l’economia dei prossimi trent’anni. E l’Europa, al momento, quei controlli non li possiede.

Se la corsa agentica definisce il nuovo ordine economico, gli Stati Uniti costruiscono l’ecosistema, la Cina lo integra, il Medio Oriente alza l’ambizione geopolitica. L’Europa, invece, continua a guardare, consumare tecnologia altrui e dibattere regolamenti mentre altri Paesi costruiscono piattaforme in grado di decidere, letteralmente, i consumi globali del futuro.

I browser agentici: la nuova interfaccia del web non è più per noi, ma per loro

Nel giro di due anni il browser è passato dall’essere un semplice visualizzatore di pagine a diventare una vera centrale operativa per agenti IA. Non è un dettaglio tecnico: è il punto in cui l’utente smette di “navigare” e delega la navigazione a un software che interpreta, confronta, decide e agisce. Ed è proprio nei browser che si vede come l’IA agentica stia iniziando a colonizzare lo spazio che per trent’anni è stato dominio esclusivo dell’essere umano.

Opera è oggi il caso più avanzato. Con Aria prima e Neon poi, il browser diventa un ambiente in cui l’IA non vive nel pannello laterale, ma agisce dentro ogni pagina, legge contenuti, recupera dati, segue link rilevanti, compila moduli e gestisce task complessi senza bisogno che l’utente clicchi nulla. L’obiettivo è chiaro: trasformare il browser in un assistente operativo continuo che analizza il contesto e anticipa le azioni richieste. Opera non vede l'IA come un add-on, ma come un nuovo modo di stare nel web.

Microsoft sta puntando in una direzione simile integrando Copilot direttamente in Edge e nel sistema operativo. Il browser diventa un’estensione dell’ufficio digitale dell’utente: l’agente legge documenti, organizza contenuti, riassume gruppi di tab, interagisce con portali e applicazioni cloud, interpreta i flussi del lavoro e automatizza ciò che altrimenti richiederebbe minuti o ore. Qui l’IA è parte del workflow, non un servizio a cui accedere occasionalmente.

Google lavora invece su un modello ibrido in cui Gemini non è solo un motore di ricerca intelligente, ma un agente che interagisce con le proprietà del web: può leggere, ragionare, sintetizzare, rispondere e preparare azioni. Con le integrazioni in Workspace, il browser diventa la plancia da cui gli agenti svolgono attività su email, documenti, calendari e contenuti multimediali.

Questa convergenza porta a un punto fondamentale: il web non è più progettato solo per l’occhio umano, ma per essere compreso e agito dalle macchine. Molte pagine non verranno più lette dalle persone, ma dagli agenti. Gli elementi grafici, i layout, le strategie di engagement contano sempre meno; conta la struttura dei dati, la chiarezza delle informazioni, la consistenza interna, la verificabilità. È un web che smette di essere narrativo e diventa operativo: interoperabile, leggibile, automatizzabile. Un web progettato, finalmente e inquietantemente, per i robot.

L'impatto economico: chi vince, chi perde e come il mercato si riscrive da solo

L’arrivo degli agenti IA nel commercio non è un semplice cambiamento tecnologico: è una redistribuzione del potere economico. Perché quando l’acquirente diventa un algoritmo, le logiche competitive si spostano dalla seduzione al merito misurabile. Non contano più le campagne emozionali, la notorietà storica del marchio o la forza del reparto marketing; conta la precisione dei dati, la trasparenza delle condizioni e la solidità reale del prodotto. Questo mette in vantaggio i produttori che investono in qualità verificabile e penalizza chi si reggeva sull’immagine più che sulla sostanza.

I grandi marketplace, invece, escono consolidati. Sono loro a offrire API, schede prodotto strutturate, metriche affidabili, storici dei prezzi, indicatori di affidabilità del venditore e sistemi di garanzia chiari. Ogni elemento strutturato diventa un beneficio diretto per gli agenti, che premiano automaticamente le piattaforme in cui i dati sono più ordinati. Il risultato è un mercato che tende a concentrare ancora più potere nelle mani dei pochi player capaci di servire gli algoritmi con informazioni pulite e aggiornate.

Chi rischia di più sono i piccoli merchant e i siti che non hanno standard informativi elevati: un agente non visita per caso, non si innamora di un banner, non si ferma grazie a un payoff ben scritto. Se la scheda è incompleta, il prodotto scivola fuori dalla selezione e non viene recuperato. È la prima volta nella storia del commercio digitale in cui la visibilità non dipende da un algoritmo proprietario di ranking, ma da un agente che lavora in base ai criteri del consumatore. È un ribaltamento silenzioso: il potere torna all’utente attraverso la macchina che lo rappresenta.

L’ultima conseguenza è la pressione sui prezzi. Un agente vede tutti i listini in tempo reale, monitora sconti, variazioni, promozioni e disponibilità. Non ha fedeltà al brand: privilegia il rapporto prestazioni/costo e penalizza qualsiasi tentativo di gonfiare il margine oltre il giustificabile. In un contesto simile il commercio diventa un mercato di efficienza, dove chi non regge la concorrenza basata sui dati viene eliminato automaticamente dallo spazio decisionale dell’agente. È un sistema duro, ma limpido. E soprattutto non negoziabile.

I rischi di un mercato governato dagli agenti: bias, opacità e dipendenza strutturale

Se da un lato l'IA agentica promette efficienza e trasparenza, dall’altro introduce una serie di rischi che oggi sono solo parzialmente compresi. Il primo riguarda il "bias algoritmico" ("pregiudizio" in italiano): un agente prende decisioni basandosi su modelli statistici, pesi interni e dati di addestramento che non sono mai perfetti. Se un bias si insinua nella valutazione di un prodotto, quel bias viene moltiplicato su scala industriale, orientando milioni di acquisti senza che l’utente se ne accorga. È la differenza tra un pregiudizio umano isolato e un pregiudizio automatizzato che si replica all’infinito.

Il secondo rischio è la opacità delle scelte. Quando un agente decide per noi, spesso non è chiaro quali criteri abbia privilegiato, quali dati abbia scartato o come abbia bilanciato i trade-off tra prezzo, qualità e garanzia. Senza un meccanismo chiaro di audit, l’utente rischia di diventare spettatore passivo di una decisione presa da un sistema che “sa” molto, ma “spiega” poco. Questo crea una nuova forma di asimmetria: l’algoritmo vede il mercato per intero, l’utente vede solo il risultato finale.

A questo si aggiunge la dipendenza tecnologica. Più gli agenti semplificano il processo d’acquisto, più l’utente perde l’abitudine a confrontare, verificare, analizzare. Nel lungo periodo l’essere umano potrebbe diventare incapace di compiere scelte complesse senza il supporto del suo agente, come chi ha usato il navigatore per anni e non ricorda più come si orienta in città. Se il sistema si guasta, se il servizio viene limitato o se diventa a pagamento, l’utilizzatore si trova improvvisamente privo della capacità di sostituirlo.

Infine c’è il rischio più profondo: la concentrazione del potere decisionale. Se pochi attori controllano gli agenti dominanti, controllano indirettamente anche il traffico economico globale. Non perché gestiscono la pubblicità, ma perché decidono quale prodotto è “oggettivamente” migliore secondo il profilo dell’utente. È un potere sottile, ma enorme, che può influenzare interi settori senza bisogno di interventi diretti. E senza che il consumatore se ne accorga.

I benefici: un mercato più equo, più tecnico e finalmente meno manipolabile

Nonostante i rischi, l'adozione massiva degli agenti IA introduce una serie di benefici che, in prospettiva, potrebbero rendere il mercato più razionale, accessibile e onesto di quanto non sia mai stato sotto la guida esclusiva degli esseri umani. La prima trasformazione riguarda la fine della pubblicità ingannevole: un agente non si lascia attrarre da slogan, layout seducenti o promesse vaghe. Legge tutto, verifica tutto e penalizza tutto ciò che non è supportato da dati concreti. È un consumatore inflessibile, immune alle manipolazioni emotive su cui si è basata metà del marketing degli ultimi decenni.

Il secondo beneficio è l’efficienza economica. Gli agenti confrontano i prezzi in tempo reale su ogni canale disponibile, monitorano oscillazioni, stock, tempi di consegna e condizioni post-vendita. Questo spinge i merchant a ridurre margini inutilmente gonfiati e a competere sul valore reale, non sull’effetto-wow visivo o sul budget pubblicitario. Per la prima volta l’utente potrebbe accedere a un mercato in cui il miglior prodotto emerge per merito, non per visibilità pagata.

A questo si aggiunge la radicale personalizzazione. Un agente non suggerisce ciò che è popolare, ma ciò che è coerente con la vita dell’utente: budget, esigenze concrete, abitudini d’uso, tolleranza al rischio, preferenze tecniche. Niente più consigli generici o feed manipolati: l’agente filtra il mondo sulla base di criteri che riflettono l’identità reale dell’individuo, non il desiderio di una piattaforma di massimizzare impression e conversioni.

C’è poi un vantaggio che pochi considerano: la riduzione del tempo sprecato. Ore passate a leggere recensioni contraddittorie, confrontare schede prodotto incomplete, inseguire differenze minime tra modelli simili…tutto questo svanisce. L’agente lo fa al posto nostro con una precisione impossibile da replicare manualmente. In un’economia che consuma attenzione più di qualsiasi altra risorsa, liberare tempo significa aumentare il valore della vita quotidiana.

Alla fine, il beneficio più grande è forse il più controintuitivo: l’IA agentica non toglie autonomia all’utente, ma la restituisce in forma strutturale. L’individuo non è più spinto dal marketing, disorientato dai troppi stimoli o intrappolato nell’analisi infinita delle alternative. È rappresentato da una macchina che lavora per lui, con criteri chiari e verificabili. Un mercato più freddo, più tecnico e meno spettacolare, ma anche, potenzialmente, più giusto.

Scenari futuri: quando i bot negozieranno, anticiperanno i bisogni e governeranno l’economia invisibile

Il passo successivo dell’IA agentica non è solo automatizzare ciò che già facciamo, ma anticiparlo. La logica non è più “l’utente chiede, l’agente risponde”, ma “l’agente monitora, prevede e agisce prima che l’utente senta il bisogno”. È qui che la tecnologia smette di essere assistiva e diventa proattiva, trasformando il consumo in un flusso continuo gestito da sistemi che conoscono i nostri ritmi meglio di noi.

In uno scenario molto vicino, gli agenti potranno negoziare in tempo reale con merchant, marketplace e servizi: chiedere sconti automatici, testare coupon, confrontare stock, valutare la qualità del venditore e proporre condizioni contrattuali. Non è fantascienza: un bot può già eseguire milioni di simulazioni di prezzo e prevedere l’evoluzione delle offerte su una base statistica impossibile per un essere umano. Quando due agenti – quello del venditore e quello dell’acquirente – inizieranno a trattare tra loro, nascerà un’economia parallela, invisibile all’occhio umano ma potentissima: un mercato astratto dove ciò che conta è la coerenza dei dati e la logica negoziale degli algoritmi.

La stessa dinamica si estende alla manutenzione digitale della vita quotidiana. Gli agenti potranno monitorare abbonamenti, scadenze, consumi domestici, cicli di utilizzo dei dispositivi, condizioni dei prodotti già acquistati, suggerendo sostituzioni o riparazioni prima che si verifichi un problema. In un certo senso, la casa e lo stile di vita diventano un sistema integrato che invia segnali all’agente, e l’agente ottimizza automaticamente tutto ciò che può essere ottimizzato.

L’evoluzione successiva riguarda la gestione finanziaria personale. Un agente che conosce le abitudini di spesa, la propensione al rischio, la situazione patrimoniale e gli obiettivi dell’utente potrebbe decidere come allocare micro-risorse, monitorare tassi, ottimizzare interessi, suggerire spostamenti, proteggere dal sovra-prezzo e bloccare transazioni sospette. Un consulente finanziario automatizzato, costante e imparziale, accessibile a chiunque abbia uno smartphone.

Infine, c’è lo scenario più radicale: un’economia in cui gli scambi non vengono più “visti” dall’essere umano. L’utente non fa più acquisti, ma affida la propria economia a un agente personale, e l’agente interagisce con altri agenti in un ecosistema autonomo. L’umano esprime solo preferenze generali e autorizza le azioni finali. Non è distopia, è efficienza: la stessa logica che ha trasformato la guida manuale in guida assistita e poi in guida autonoma.

In questo mondo che si avvicina, l’essere umano non perde centralità: cambia ruolo. Non è più il processore dell’informazione, ma il legislatore del proprio agente: colui che definisce le regole, i limiti e la direzione. Il resto è un flusso di decisioni prese da sistemi che ragionano più in fretta, ricordano di più e non si stancano mai.

Un mercato che non sarà più umano, ma dovrà restare umano nel valore

Il commercio costruito dagli agenti IA non sarà più un luogo pensato per gli occhi o per le emozioni: sarà un sistema razionale, ultra-veloce, fondato su dati verificabili e decisioni automatizzate. Gli esseri umani non leggeranno più schede prodotto, non confronteranno più venti modelli di smartphone, non perderanno ore dietro recensioni contraddittorie. Quel lavoro sporco, ripetitivo, faticoso e spesso frustrante verrà svolto da macchine che non provano ansia, non si confondono e non cadono in trappole cognitive. Ma in questo passaggio non scompare l’umanità: cambia semplicemente posizione.

Il futuro che ci attende è un’economia in cui le persone delegano la complessità e recuperano tempo, lucidità e qualità della vita. L’intelligenza artificiale non sostituirà l’intenzione, il desiderio o il giudizio finale: sostituirà i passaggi intermedi che oggi ci logorano. Il consumatore non sarà più un analizzatore di alternative, ma un decisore ultimo che definisce i criteri, autorizza la scelta e beneficia dei risultati. È un ribaltamento che toglie all’essere umano il peso del confronto infinito e gli restituisce il controllo del risultato.

Resta una domanda più grande: chi governerà gli agenti? Perchè se l'IA prenderà milioni di decisioni al giorno per conto nostro, dovremo assicurarci che quei sistemi restino allineati ai nostri valori, alle nostre leggi e ai nostri diritti. La competizione globale sulla tecnologia non è solo economica, ma culturale e politica: definisce chi possiede la capacità di orientare il comportamento dei sistemi che, a loro volta, orienteranno il comportamento dei mercati.

Eppure, nonostante i rischi, questo passaggio può essere un’opportunità storica. L'IA agentica può rendere il commercio più giusto, più trasparente e meno manipolabile. Può eliminare inefficienze che nessuna riforma economica è mai riuscita a correggere. Può costruire un mercato in cui il valore reale prevale sull’apparenza e in cui l’individuo viene rappresentato da una macchina che lavora al suo servizio.

Non è la fine del commercio umano: è l’inizio di un mercato nuovo, dove l’intelligenza artificiale fa da intermediario e l’essere umano torna a fare ciò che gli riesce meglio, definire ciò che vuole, non lottare per capire come ottenerlo.