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Rider, Partita IVA e tasse: come mettersi in regola nel food delivery

Pubblicato il 09/12/2025

Il lavoro del rider in Italia: come funziona e quali inquadramenti esistono

L'espansione dei servizi di consegna a domiclio di cibi e bevande (detto anche food delivery) esplosa nel 2020 durante la fase più critica dell’emergenza sanitaria Covid ha trasformato in modo profondo il mercato del delivery, creando un interesse enorme verso il lavoro del rider e generando un aumento continuo della domanda che è rimasto stabile negli anni successivi. Questo cambiamento ha attirato migliaia di persone verso un’attività percepita come immediata e flessibile, ma in realtà inserita in un contesto complesso che richiede attenzione fiscale, consapevolezza previdenziale e conoscenza precisa dei requisiti che distinguono un’attività occasionale da un’attività professionale vera e propria. La crescita del settore ha portato anche una quantità significativa di errori negli adempimenti, perché molti lavoratori hanno iniziato a operare senza comprendere che l’organizzazione delle piattaforme limita l’autonomia e crea condizioni che spesso rientrano, a tutti gli effetti, nel campo delle attività continuative. Questa premessa è fondamentale per comprendere la struttura del lavoro del rider nel 2025, una struttura che non può essere trattata come un insieme di consegne sporadiche ma come un sistema organizzato che risponde a regole precise.

Il lavoro del rider (o fattorino che dir si voglia) si svolge all’interno di un ecosistema completamente digitale, governato da piattaforme che gestiscono ogni passaggio del servizio tramite algoritmi, mappe dinamiche, sistemi di punteggio e procedure automatiche di assegnazione degli ordini. Chi si iscrive deve completare una serie di verifiche obbligatorie che comprendono controllo dell’identità, caricamento dei documenti, scelta del mezzo utilizzato e accettazione delle condizioni contrattuali. Una volta attivato, il rider entra in un ambiente in cui la piattaforma stabilisce zone operative, turni prenotabili, livelli di priorità, compensi variabili e criteri di valutazione che incidono sulla possibilità di lavorare nelle fasce più produttive della giornata. La presenza di un punteggio interno, che premia puntualità, continuità e valutazioni positive, dimostra che l’attività è regolata da un’organizzazione centrale che definisce tempi, modalità e redditività. A questo si aggiunge l’obbligo di coperture assicurative specifiche, perché il rider lavora in strada con rischi elevati e rientra tra le categorie che devono essere tutelate anche quando operano come collaboratori. Tutti questi elementi mostrano un quadro nel quale autonomia e flessibilità esistono solo entro i limiti fissati dalla piattaforma, confermando che il lavoro non può essere interpretato come attività saltuaria quando viene svolto per periodi prolungati.

Crescita fatturato del food delivery in Italia

Anno Fatturato Fonte ufficiale o metodologia
2019 0,56 mld € Politecnico di Milano
2020 0,90 mld € Osservatorio Food Delivery
2021 1,5 mld € Coldiretti, elaborazioni mercato delivery
2022 1,8 mld € Osservatorio eCommerce B2C
2023 2,0 mld € Politecnico di Milano, dati consolidati
2024 4,6 mld € Rapporto delivery 2024
2025 (proiezione) 5,0 mld € Crescita attesa +10%

Gli inquadramenti utilizzati dalle piattaforme italiane si dividono principalmente in due modelli, che producono effetti molto diversi per chi consegna. Alcune realtà hanno adottato il rapporto di lavoro subordinato, soluzione che garantisce paga oraria, contributi previdenziali versati dal datore di lavoro, coperture complete in caso di malattia o infortunio e una struttura contrattuale chiara. Altre piattaforme continuano a utilizzare la collaborazione autonoma, nella quale il rider viene pagato per ogni consegna con importi che variano in base alla città, all’orario e agli incentivi attivi. Questa forma appare più libera, ma nella pratica spinge molti lavoratori a operare con frequenza elevata, turni ricorrenti, disponibilità costante e dipendenza economica dalla stessa piattaforma, caratteristiche che definiscono una attività abituale. Quando questa continuità si manifesta non è più possibile utilizzare strumenti temporanei perché l’attività diventa soggetta a obblighi fiscali stabili, posizione previdenziale attiva e valutazione della necessità di aprire una Partita IVA. È proprio in questo punto che si colloca il nodo principale del settore, perché la distanza fra autonomia formale e organizzazione reale determina gli obblighi che ogni rider deve conoscere per operare in modo corretto e sostenibile.

Prestazione occasionale e ritenuta d'acconto al 20%

La prestazione occasionale viene spesso considerata una scorciatoia per iniziare a lavorare come rider senza aprire la Partita IVA, ma nel contesto delle piattaforme di delivery presenta limiti molto più rigidi di quanto si creda. La normativa stabilisce che questa forma di collaborazione può essere utilizzata solo quando l’attività è episodica, non abituale, non organizzata e non pubblicizzata, quindi solo quando manca qualunque elemento che faccia pensare a un lavoro svolto con continuità o con una struttura stabile. Nel caso dei rider questi requisiti si incontrano raramente, perché la piattaforma gestisce disponibilità, mappa, ordini e compensi attraverso un sistema centralizzato che crea un’organizzazione vera e propria. Se un lavoratore accetta consegne per più settimane, ripete gli stessi orari, utilizza gli strumenti della piattaforma in modo costante o dipende economicamente da questa attività, la prestazione occasionale perde automaticamente la sua natura di collaborazione sporadica e diventa attività abituale con obblighi fiscali e previdenziali completamente diversi.

L'aspetto economico aggiunge ulteriori limiti importanti. Con la prestazione occasionale il compenso è soggetto a ritenuta del 20 per cento, che viene trattenuta direttamente dal committente come anticipo delle imposte future e che va calcolata sull’intero importo lordo. Il totale delle somme percepite nell’arco dell’anno non può superare complessivamente 5.000 euro, soglia oltre la quale scatta l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS, con contributi dovuti sulla parte eccedente e con l’obbligo di comunicare all’istituto l’avvio dell’attività. La normativa aggiunge anche il divieto di considerare prestazione occasionale un lavoro sottoposto a forme di pubblicità o promozione, condizione che si verifica ogni volta in cui il rider utilizza un’app che mostra il profilo, la disponibilità e la capacità di ricevere ordini in modo continuativo. A questo si aggiunge un elemento spesso ignorato, la necessità di copertura INAIL anche quando la collaborazione è autonoma, dato che il lavoro di consegna è considerato attività con rischio intrinseco elevato. Questi elementi dimostrano che la prestazione occasionale può essere utilizzata solo in casi estremamente limitati, per esempio per pochi giorni al fine di comprendere se il lavoro è adatto, oppure quando si effettua un numero molto contenuto di consegne senza ricorrenza mensile.

Il rischio concreto per chi utilizza la prestazione occasionale al di fuori dei suoi limiti è la possibilità di vedersi contestare un’attività economica abituale svolta senza Partita IVA, con conseguenze su imposte, contributi, sanzioni e verifiche sulla posizione previdenziale. Un’attività che comporta turni ripetuti, un flusso stabile di consegne e una dipendenza economica dalla piattaforma non rientra più nella definizione di collaborazione episodica ma in quella di lavoro continuativo, quindi richiede un inquadramento coerente con la realtà del servizio. Per questo motivo chi svolge consegne con frequenza e regolarità deve considerare la prestazione occasionale solo come strumento temporaneo e molto limitato, che non può sostituire gli obblighi previsti per chi opera in modo continuo all’interno del sistema del delivery. Comprendere questi limiti è fondamentale per evitare errori nei primi mesi di attività e per impostare fin da subito un percorso corretto che consenta di lavorare senza rischi fiscali e contributivi.

Codici ATECO e Partita IVA: attenzione alla scelta!

L’apertura della Partita IVA rappresenta il passaggio decisivo per chi svolge consegne in modo continuativo, perché consente di operare con una posizione fiscale stabile e con una gestione previdenziale coerente con la realtà del lavoro svolto. Il cuore della scelta riguarda il codice ATECO, elemento fondamentale per identificare la natura dell’attività e determinare il corretto regime fiscale e contributivo. Nel settore dei rider circolano da anni due codici diversi, spesso confusi tra loro, e la scelta errata può generare problemi in caso di controlli o richieste di chiarimento da parte dell’amministrazione finanziaria. Il primo codice è 53.20.00, cioè altre attività postali e di corriere senza obbligo di servizio universale, che comprende in modo esplicito i servizi di consegna a domicilio e le attività di pony express. Il secondo codice è 82.99.99, cioè altri servizi di supporto alle imprese, codice generico utilizzato in passato da molti rider, ma tecnicamente meno coerente con il contenuto reale del lavoro svolto attraverso le piattaforme digitali.

Le piattaforme moderne operano come veri servizi di consegna, con un flusso continuo di ordini e con procedure standardizzate che trasformano la semplice attività di trasporto in un servizio logistico completo. Per questo motivo il codice 53.20.00 risulta più preciso, più difendibile e maggiormente allineato alle interpretazioni più aggiornate degli operatori del settore. Questo codice identifica in modo chiaro che l’attività consiste in consegne organizzate, con partenza e arrivo determinati, quindi rispecchia perfettamente il lavoro del rider che utilizza app come Glovo, Deliveroo o Uber Eats. Il codice 82.99.99 può essere ancora utilizzato in situazioni molto particolari, per esempio da chi svolge servizi aggiuntivi per aziende e non concentra l’attività sulla consegna in senso stretto, ma la sua applicazione nel delivery moderno è diventata limitata, perché non descrive con precisione il contenuto dell’attività e può creare ambiguità nella classificazione fiscale.

Una volta individuato il codice corretto, il rider deve valutare l’ingresso nel regime forfettario, soluzione molto utilizzata nel settore per la sua semplicità operativa. Con questo regime non si applica l’IVA sulle fatture, non si subiscono ritenute e la tassazione avviene tramite imposta sostitutiva, calcolata sul reddito determinato applicando il coefficiente di redditività previsto per l’attività. Nel caso del codice 53.20.00 il coefficiente è pari al 67%, quindi il reddito imponibile si ottiene applicando questa percentuale ai ricavi totali. Il limite annuo per restare nel forfettario è 85.000 euro, soglia che permette alla maggior parte dei rider di operare all’interno di questo regime senza necessità di passare a quello ordinario. È importante comprendere che il forfettario non elimina gli obblighi contributivi, ma li semplifica e consente una gestione più lineare della propria attività, soprattutto nei primi anni. Tutto questo mostra che la scelta del codice ATECO non è un dettaglio, ma un elemento fondamentale per costruire un percorso fiscale corretto e compatibile con la struttura del lavoro svolto nel delivery.

Codice ATECO Descrizione Coerenza
53.20.00 Altre attività postali e di corriere senza obbligo di servizio universale, con operazioni di consegna a domicilio Molto elevata, perché descrive in modo preciso le consegne effettuate tramite piattaforme digitali
82.99.99 Altri servizi di supporto alle imprese, categoria più generica Bassa, perché non rappresenta in modo accurato la natura delle consegne tramite app

Contributi previdenzaili e piattaforme

Il lavoro del rider richiede una gestione precisa dei contributi previdenziali e delle coperture assicurative, perché l’attività svolta non è neutra sul piano del rischio e assume caratteristiche professionali quando viene esercitata con frequenza. Chi opera con Partita IVA e utilizza il codice ATECO 53.20.00 rientra nella Gestione Commercianti, una sezione dell’INPS che prevede contributi minimi obbligatori, indipendenti dal reddito prodotto. Il minimale contributivo comporta un versamento annuale di importo fisso, a cui si aggiungono eventuali contributi calcolati sulla parte di reddito che supera la soglia prevista. Questa struttura incide in modo significativo sul carico complessivo di un rider, perché i contributi vengono dovuti anche quando il reddito è contenuto. La normativa consente di richiedere una riduzione contributiva riservata ai contribuenti in regime forfettario, che può diminuire il peso dei contributi obbligatori, ma non li elimina. A questo quadro si aggiunge la necessità della copertura INAIL, elemento irrinunciabile in attività con esposizione continua al traffico urbano, condizione che conferma il carattere professionale del lavoro quando viene svolto con continuità. Chi opera senza queste tutele corre un rischio elevato perché la mancata assicurazione può generare responsabilità importanti in caso di infortunio.

Accanto al tema previdenziale emerge la questione della remunerazione, che varia sensibilmente a seconda della piattaforma scelta. Alcune realtà adottano un modello fondato sul lavoro subordinato, con paga oraria garantita, rimborsi chilometrici e valorizzazione del tempo di disponibilità. Altre piattaforme utilizzano un modello basato sulla collaborazione autonoma, nel quale il compenso deriva da ogni singola consegna e cambia in base alla zona, all’orario e alla domanda del momento. Questo sistema crea differenze significative tra piattaforme, perché la presenza o l’assenza di una paga minima determina la prevedibilità del reddito mensile. Nei modelli più variabili la remunerazione dipende da fattori esterni, come traffico, meteo e densità di ristoranti attivi, che influenzano il numero di consegne disponibili. Nei modelli con rapporto subordinato il reddito è più stabile e consente una programmazione più realistica delle entrate, caratteristica particolarmente importante per chi deve sostenere costi fissi come carburante, manutenzione del mezzo e contribuzione previdenziale.

Per comprendere l’effettiva situazione del settore è utile confrontare le principali piattaforme operative in Italia. La tabella seguente sintetizza differenze strutturali e livelli medi di remunerazione, offrendo un quadro immediato delle caratteristiche di ogni servizio.

Compensi medi netti delle principali piattaforme

Piattaforma Inquadramento Compenso orario netto
Just Eat Rapporto di lavoro subordinato 7,00 € / 7,50 € media
Deliveroo Collaborazione autonoma e incentivi variabili 6,00 € / 7,00 € nelle fasce standard
Glovo Collaborazione autonoma + bonus 7,00 € / 10,00 € nelle città più attive

Questo confronto evidenzia che l'assenza di un modello retributivo uniforme genera situazioni molto diverse, dove la stabilità economica dipende sia dall’inquadramento che dalla piattaforma utilizzata. Capire con precisione come funziona la remunerazione aiuta il rider a valutare la sostenibilità del proprio lavoro, soprattutto quando deve gestire contributi, assicurazioni e costi fissi che prescindono dal numero di consegne effettuate. Chi opera con continuità deve quindi considerare la propria attività come un servizio professionale, con obblighi contributivi e scelte fiscali che devono essere valutate con attenzione già nei primi mesi di attività.

Esempio di tassazione su 20.000 € lordi di guadagno annuale

La valutazione economica del lavoro del rider richiede un esempio concreto che permetta di comprendere quanto rimanga disponibile dopo l’applicazione del regime forfettario e dopo il pagamento dei contributi obbligatori. Per costruire un modello realistico si può partire da un volume annuo di 20.000 € di ricavi, cifra molto comune tra i rider che lavorano con continuità e che sfruttano le fasce orarie più richieste. Con il codice ATECO 53.20.00 il regime forfettario applica un coefficiente di redditività del 67%, quindi il reddito imponibile non corrisponde ai ricavi totali, ma solo alla parte calcolata attraverso questa percentuale. Il reddito su cui si calcolano le imposte diventa quindi 13.400 €, valore che rappresenta la base effettiva per determinare l’imposta sostitutiva. Il regime forfettario prevede due scenari: 5% per chi rispetta i requisiti di nuova attività e 15% per tutti gli altri contribuenti. Nel primo caso l’imposta ammonta a 670 €, mentre nel secondo caso si ottiene un importo pari a 2.010 €. Questa differenza è importante perché permette a chi inizia l’attività di alleggerire il carico fiscale nei primi anni, periodo in cui è più difficile raggiungere una piena stabilità economica.

Accanto al tema dell’imposta entra in gioco la questione dei contributi INPS, che per chi utilizza il codice 53.20.00 ricadono nella Gestione Commercianti, struttura che prevede contributi minimi obbligatori indipendentemente dal reddito effettivamente prodotto. L’importo minimo annuo supera 4.500 €, valore dovuto anche quando il reddito è inferiore alla soglia del minimale contributivo. Questa caratteristica rappresenta uno dei fattori più rilevanti del bilancio economico del rider, perché i contributi incidono in modo consistente sul netto finale. Il regime forfettario consente di richiedere una riduzione contributiva del 35%, soluzione molto utile per chi opera con redditi medio bassi. In questo caso i contributi scendono a poco meno di 3.000 €, valore che permette di aumentare sensibilmente il netto annuale, pur mantenendo una posizione previdenziale regolarmente attiva. Senza riduzione contributiva i contributi dovuti restano interamente a carico del contribuente, elemento che influisce sul risultato finale e sulla sostenibilità economica dell’attività.

Combinando imposta sostitutiva e contributi si ottengono quattro scenari distinti. Con aliquota al 15% e contributi pieni il carico complessivo raggiunge circa 6.560 €, lasciando un netto intorno a 13.440 €. Con aliquota al 5% e contributi pieni il totale scende a 5.220 €, con un netto di circa 14.780 €. Con aliquota al 15% e contributi ridotti il totale si abbassa ulteriormente a poco meno di 4.970 €, con un netto intorno a 15.030 €. Infine, con aliquota al 5% e contributi ridotti il totale diventa circa 3.630 €, lasciando un netto vicino a 16.370 €. Questi valori mostrano in modo chiaro l’impatto reale dei contributi sul bilancio del rider e dimostrano che la scelta della riduzione contributiva rappresenta un vantaggio importante nei primi anni, soprattutto per chi opera con ricavi contenuti. Il confronto tra i quattro scenari aiuta a comprendere che il peso dell’imposta sostitutiva è molto più leggero rispetto a quello dei contributi e che la sostenibilità dell’attività dipende in larga parte dalla capacità di coprire in modo regolare i costi previdenziali e i costi operativi del lavoro quotidiano.

Guadagno lordo Tasse Carico totale Netto finale
20.000 € Imposta 15% con contributi pieni 6.560 € 13.440 €
20.000 € Imposta 5% con contributi pieni 5.220 € 14.780 €
20.000 € Imposta 15% con contributi ridotti 35% 4.970 € 15.030 €
20.000 € Imposta 5% con contributi ridotti 35% 3.630 € 16.370 €

L'importanza di operare scelte sostenibili e lungimiranti

La crescita del delivery nel mercato italiano ha trasformato il ruolo del rider in un’attività che richiede scelte consapevoli fin dai primi mesi, perché l’inquadramento fiscale e previdenziale determina la reale sostenibilità del lavoro. La prestazione occasionale può essere utilizzata solo in situazioni limitate e per periodi brevi, dato che la struttura organizzativa delle piattaforme genera continuità, ripetitività e dipendenza economica, elementi che portano rapidamente fuori dai confini dell’attività episodica. Per chi lavora con frequenza regolare la soluzione più corretta è l’apertura della Partita IVA, con la scelta del codice ATECO 53.20.00, che rappresenta in modo accurato il servizio di consegna e riduce i rischi di contestazioni sulla correttezza dell’attività dichiarata. Con il regime forfettario diventa possibile gestire una fiscalità semplice, senza IVA in fattura e con imposta sostitutiva applicata su un reddito calcolato secondo il coefficiente del 67%, valore che riflette la struttura dei costi del settore.

La sostenibilità economica dipende soprattutto dai contributi INPS, che costituiscono la quota più rilevante del carico complessivo. La possibilità di richiedere la riduzione del 35% rappresenta un vantaggio importante per chi opera con ricavi medio bassi, perché permette di liberare risorse utili per la gestione del mezzo di trasporto, dei carburanti e della manutenzione, tutte voci che incidono ogni mese sul risultato finale. Allo stesso tempo è essenziale comprendere la differenza strutturale tra piattaforme che utilizzano il lavoro subordinato, con paga oraria e contributi versati dal datore di lavoro, e piattaforme che utilizzano la collaborazione autonoma, nella quale il rider è responsabile della propria posizione previdenziale e dell’intero carico fiscale. Questa distinzione incide sulla stabilità del reddito, sulla capacità di programmare le entrate e sulla possibilità di sostenere i contributi minimi obbligatori.

Per valutare se il lavoro del rider è sostenibile nel lungo periodo è indispensabile confrontare ricavi, ore lavorate, costi del mezzo, variazioni degli incentivi e la capacità di mantenere un reddito netto che superi le soglie necessarie a coprire contributi e spese operative. I calcoli presentati nell’esempio dei 20.000 € lordi annui mostrano che i contributi rappresentano la voce più pesante e che la riduzione contributiva può incidere in modo significativo sul netto finale. Chi sceglie di operare con continuità deve considerare il delivery come una vera attività professionale, con obblighi chiari e con la necessità di un inquadramento che rifletta la realtà del servizio svolto. Conoscere questi elementi permette di evitare errori nei primi mesi, di prevenire contestazioni fiscali e di costruire un percorso lavorativo più solido e coerente con la struttura delle piattaforme digitali che governano il settore.

Fonti: Just Eat, Deliveroo, Glovo